In questi giorni è stato pubblicato uno studio, sulla rivista scientifica, Scientific Reports, che riguarda direttamente la Sardegna e i suoi abitanti.
L’articolo pubblicato riporta le scoperte effettuate da un’equipe di ricercatori in base alle analisi sul Dna estratto dai resti di due nostri antenati trovati nella grotta di di Su Carroppu di Sirri a Carbonia, resti antichissimi che testimoniano la presenza umana nell’Isola da tempi remoti.
Il progetto di ricerca, finanziato dalla Regione Sardegna, è nato per fare un po’ di luce su un periodo storico scarsamente conosciuto: il primo popolamento neolitico della Sardegna (VI-V millennio a.C.).Il lavoro di ricerca è stato coordinato dal docente di Preistoria e protostoria del Dipartimento di Storia dell’Ateneo di Cagliari, Carlo Lugliè, in collaborazione con l’Università di Firenze e di Ferrara.
Attraverso l’applicazione di avanzate tecnologie per la caratterizzazione del Dna mitocondriale sono state esaminate le sequenze genetiche ottenute che sono state poi confrontate con dati antichi e moderni. Gli studi effettuati hanno svelato che la variabilità genetica della popolazione attuale dell’Isola si discosta in maniera significativa da quella dei primi uomini che l’hanno colonizzata. Questa diversità è dovuta al flusso migratorio che ha interessato l’Europa circa 8.000 anni fa e che ha portato in Sardegna individui provenienti probabilmente dall’Anatolia e dal Mar Caspio.
Sembra essere scientificamente certo che le sequenze genetiche dei campioni di Su Carroppu, appartengano ai gruppi definiti J2b1 e I3, gruppi che in Europa registrano frequenze basse. Nei campioni prelevati dai reperti nel territorio di Carbonia, invece, non è stato rilevato il gruppo U, molto comune tra gli abitanti del neolitico studiati in Europa.
Ci sembra di poter affermare che l’ospitalità sarda ha origini davvero lontane.