Un interessante video che ci spiega il significato e la simbologia del pane rituale in Sardegna. Il video è a cura di Traditionalradiovlog.
Il Popolo del Mare
Il Popolo del Mare
A Cossoine, nel Logudoro, c’è una voragine detta Mamuscone. Una leggenda racconta che in questa voragine trovavano la morte gli anziani del paese che, quando non si sentivano più in forze, si facevano accompagnare a “Mamuscone” dove mettevano fine ai loro giorni. In realtà questa leggenda è presente in molti luoghi della Sardegna, in ogni paese si racconta di vecchi accompagnati nei pressi di voragini o rupi per essere buttati giù perché non più utili alla comunità, ma, nel racconto in questo video, si comprende come la saggezza sia fondamentale per la crescita di un popolo.
Il video è a cura di Sardiniaislandit.
Cultura di Ozieri. 3400 – 2700 a. C.
La cultura di Ozieri prende il nome dalla grotta di S. Michele, nel comune di Ozieri, nella quale sono stati ritrovati i primi reperti ascrivibili a questa cultura.
E’ molto probabile che sia la naturale evoluzione della cultura di Bonu Ighinu, a differenza di quest’ultima, però, è diffusa in gran parte dell’isola, dal nord al sud: “Gli stessi ideali, le stesse credenze, la stessa arte civile funeraria, unite alle stesse tradizioni ci pongono difronte a una nazione” (Sergio Atzeni).
L’affermarsi dell’agricoltura determina un cambiamento di vita radicale, la caccia passa in secondo piano e gli animali domestici sono parte integrante della vita del clan. Il progredire dell’agricoltura porta all’invenzione di arnesi da lavoro rifiniti e sofisticati e utensili quali: macine, pestelli e vasellame di diverse forme e per diversi usi. La vita sedentaria porta al nascere di veri e propri villaggi, la società è divisa in clan e tribù e la vita sociale è regolata da un codice prettamente tradizionale.
Il sistema di vita stanziale permette il nascere di prime forme di artigianato soprattutto per quanto riguarda la produzione di ceramiche e di utensili di ossidiana, armi comprese.
La cultura di Ozieri, o di San Michele, si caratterizza per:
Negli scavi del 1914 e, successivamente, in quelli del 1949, nella grotta di San Michele sono stati ritrovati vasi lavorati in maniera egregia con incisi motivi geometrici colorati di rosso. I reperti ritrovati sono vari e diversificati: tazze carenate, vasi a cestello, ciotole, vasi biconici. La ceramica presenta decorazioni con motivi incisi, decorati con l’ocra, o messi in rilievo con pasta bianca. Le decorazioni presentano motivi a cerchi, spirali, festoni, stelle e figure umane.
Il culto alla dea madre è al centro della vita religiosa dell’uomo di Ozieri, essa è datrice di vita, ma anche artefice del destino dell’uomo. Nella fase centrale della cultura di Ozieri, detta alogena, il culto alla dea è affiancato da quello per il dio toro, segno di virilità e procreazione. Simboleggiano rispettivamente la parte materna, lunare, e la parte paterna, solare, della natura. La dea madre e il dio toro sono rappresentati, nei luoghi di sepoltura, con dei cerchielli o spirali la prima e con le protomi taurine il secondo. La dea madre è rappresentata in forma stilizzata, rispetto alla cultura di Bonu Ighinu le forme vengono appiattite e assumono un aspetto cruciforme.
Una religiosità viva porta alla credenza della vita oltre la morte e al conseguente culto dei morti che si manifesta nella costruzione di imponenti necropoli ipogeiche. Le tombe vengono scavate nella roccia, formate da molte camere che si possono raggiungere attraverso un lungo corridoio all’aperto (dromos) che culmina in un atrio. Prima di essere deposti nelle tombe i corpi venivano fatti scarnificare, l’inumazione era accompagnata da un corredo funerario, tutto ciò che poteva essere utile al defunto nella nuova vita.
La cultura di Ozieri si caratterizza anche nella costruzione di strutture megalitiche.
Nel 1982, al largo delle coste turche, un pescatore d spugne ha scoperto un relitto risalente al XIV sec. A. C. Il relitto ha restituito un carico, quasi intatto, di valore inestimabile, i reperti più interessanti, per la nostra storia, sono dei lingotti di rame che presentano lo stesso marchio di altri trovati in Sardegna, una statuina del dio Bes, venerato anche nell’isola, armi simili a quelle conservate nei più importanti musei sardi e dei gusci di uova di struzzo usati come contenitori, simili ad altre rinvenute nei siti sardi.
L’unica cosa che pare certa è che il relitto non sembra appartenere alla flotta egizia, che sia, allora, una nave degli antichi sardi?
Chiunque abbia letto negli anni scorsi qualcosa sulla storia della Sardegna preistorica ha potuto constatare come il popolo sardo, il popolo nuragico, sia stato descritto come un popolo che ha vissuto nell’isolamento, chiuso in se stesso, incapace di muoversi al di fuori della sua terra. La realtà, però, comincia ad apparire diversa, recenti studi hanno dimostrato come altamente probabile il fatto che in Sardegna potesse esistere una vera e propria “marineria”.
L’indizio più importante, a sostegno di questa tesi, viene dalla diffusione dell’ossidiana proveniente dal Monte Arci e dall’Isola di sant’Antioco nelle coste meridionali della Francia, nel nord Europa fino al Danubio e in alcune località costiere della Puglia. Attraverso studi comparati si è arrivati alla conclusione che i vari manufatti in ossidiana ritrovati in questi siti sono stati realizzati con ossidiana proveniente dalla Sardegna. Si può ipotizzare che solo i sardi, in quell’epoca, fossero in grado di spostarsi per il mare e commerciare i loro prodotti. Oltre all’ossidiana sono state esportate anche le tecniche di costruzione dei nuraghi, ricordiamo la fortezza nuragica che si trova a El -Ahwat, in Palestina. Altro indizio può essere dato dalla tecnica di lavorazione della ceramica, in special modo quella denominata “campaniforme” che fiorisce contemporaneamente in Sardegna e in alcune regioni dell’Europa continentale. Nei dipinti trovati in alcune tombe di Tebe, dove sono raffigurati i guerrieri Shardana, sono state riprodotte delle spade denominate a “sezione triangolare” di forgia sarda. Queste armi, individuate anche i Spagna, in Puglia, a Creta e in Israele, possono essere arrivate in questi luoghi solo via mare. L’insularità, perciò, non ha impedito ai sardi di muoversi fuori dai confini geografici, anche perché, nel periodo nuragico, visto quello che hanno prodotto, probabilmente i sardi erano in grado di muoversi abilmente lungo le rotte del Mediterraneo. Naturalmente non tutti gli studiosi sono concordi con questa “teoria” . Molto c’è da scoprire sulla nostra storia e la vicenda dei giganti di Mont’e Prama ci insegna come, per mancanza di fondi e di volontà politica, si trascuri un patrimonio storico inestimabile e si creino vuoti di conoscenza e di comprensione.